giovedì 11 gennaio 2018

Fabrizio De André, l'anarchico borghese



L'11 gennaio 1999 moriva Fabrizio De André. 
Lo ricordiamo con questo articolo di Fabrizio Bordone.

La letteratura ed il mondo del cinema, per non parlare del teatro, hanno un vasto repertorio di opere dedicate agli ultimi, agli emarginati. Nella musica italiana, nessuno ha saputo narrarne le storie come Fabrizio De André. Una mente anarchica, permeata di inquietudine, sagacemente tesa a rimarcare le ingiustizie della vita. Come molti figli di famiglia benestante, Faber, così lo chiamava l’amico di sempre Paolo Villaggio, era proiettato verso una strada diversa. Il padre, con la famiglia, dovette rifugiarsi perché aveva ospitato alcuni ebrei al tempo delle leggi razziali. 
Il piccolo Fabrizio, nella Genova che lo svezzerà in tutti i sensi, venne iscritto a scuole religiose e qui avvenne un primo episodio che permette di inquadrare il personaggio. Fu molestato da un “padre spirituale” e, a differenza di altri che hanno subito questo trauma, denunciò il fatto in modo vistoso, platealmente. Venne allontanato dalla scuola per coprire lo scandalo, ma ottenne giustizia dal papà, diventato un autorevole politico genovese, che fece rimuovere l’autore e riammettere il figlio a scuola. 

L’amore per gli chansonniers francesi, Brassens in particolare, lo avvicinarono ad un certo tipo di musica, intimista e malinconica, amara e delicata, quasi da film realista in bianco e nero. Mettendosi contro la volontà paterna, decise di seguire la via musicale divenendo uno dei capostipiti della famosa “Scuola Genovese”. Il primo grande successo lo ottenne di riflesso, la sua “Canzone di Marinella” fu portata alla ribalta da una ancora acerba Mina. Già da qui si intuivano i tratti interiori dell’animo, un testo cupo, triste, che descriveva in modo poetico un fatto tragico di cronaca. Poetico, sì, questo era De André. Nella parte più popolare di Genova, i caruggi, si innamorò di una prostituta con la quale ebbe una relazione. Una delle sue canzoni più famose, Via del Campo, ne descrive le atmosfere con parole memorabilmente belle: “Via del Campo c’è una graziosa, gli occhi grandi color di foglia,tutta notte sta sulla soglia, vende a tutti la stessa rosa. E ti sembra di andar lontano, lei ti guarda con un sorriso, non credevi che il paradiso fosse solo lì al primo piano. Ama e ridi se amor risponde, piangi forte se non ti sente… Dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fior “.

La celebrazione dell’amore, da qualunque parte arrivi ed una considerazione politico-esistenziale. In modo meno romantico ma molto ironico, la stessa tematica viene ripresa nella celeberrima “Bocca di rosa”. Spostandoci nel sociale, un altro mirabile esempio della genialità di Faber lo troviamo nel brano “Un Giudice” dove narra di un uomo basso di statura deriso per questo difetto che vendica le proprie frustrazioni godendo nel condannare le persone in tribunale. De André, pur in una lunga carriera, non ha inciso molti dischi ma mai come in questo caso la qualità ha sopperito abbondantemente alla quantità. Non amava esibirsi in pubblico, per fare questo si “aiutava” con l’alcool, questa dipendenza incise molto nella sua vita senza tuttavia esporlo a comportamenti eccessivi come molte famose rockstar. Il tour con la Premiata Forneria Marconi ed il conseguente live ebbero un successo travolgente. Amava la Sardegna, aspra, gentile e selvaggia come la sua anima e continuò ad amarla anche dopo il sequestro che subì insieme alla moglie Dori Ghezzi. Al processo che ne seguì, ebbe parole di comprensione per gli esecutori materiali quasi giustificandone le gesta dovute alla necessità di denaro.

La sua vena pacifista ed antimilitarista è ben rappresentata dal brano “Andrea” mentre “Rimini” vuole essere un omaggio a Fellini. 
Negli anni della contestazione la critica musicale non fu tenera con Faber ed anche il pubblico più intransigente non gli risparmiò le origini borghesi oltre alla non esplicita chiarezza di alcuni testi. 

Nessuno come lui ha portato alla ribalta la lingua ligure, alcuni suoi brani, dell’ultimo periodo, ne sono fedeli testimoni come ad esempio “Creuza de ma” ma diede anche un contributo alla lingua sarda con “Zirichiltaggia”. Un omaggio alla teatralità napoletana venne dalla geniale ed ironica “Don Raffaè”. Alla sua scomparsa, avvenuta a quasi 59 anni per un tumore, fecero seguito tributi da ogni parte d’Italia con vie, vicoli e piazze a lui intitolate. Gli omaggi di grandi artisti non si contano, una sua estimatrice è la famosa rocker americana Patti Smith, così come non si contano i rifacimenti dei suoi brani immortali. C’è chi ha amato il De André impegnato, chi quello etnico, chi quello amaramente romantico, quest’ultimo è inesorabilmente legato a questi versi, come sempre poetici:

Quei giorni perduti a rincorrere il vento 
a chiederci un bacio e volerne altri cento 
un giorno qualunque li ricorderai 
amore che fuggi da me tornerai 
un giorno qualunque li ricorderai 
amore che fuggi da me tornerai 


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