giovedì 9 febbraio 2017

Sanremo 2017: il fantasma del palcoscenico




Tutti cantano Sanremo. Le mucche, gli alieni, i passanti (sia quelli della cintura che quelli ferroviari), le casalinghe disperate di Voghera. E tutti odiano Sanremo. Lo testimoniano i commenti sui social, terra di tutti e di nessuno, il far-west dei nostri tempi, dove chi estrae la pistola più velocemente e con più destrezza può ambire ad una stella di latta. I commenti più gettonati riguardano i terremotati del Centro-Italia i quali, per colpa del compenso di Carlo Conti, sono costretti ai disagi dell’inverno.
Purtroppo, Maria De Filippi partecipa senza compenso, suscitando la stizza di una bella fetta della piazza virtuale che, tuttavia, ha l’asso nella manica: è raccomandata dal marito e la sua vita sessuale si consuma tra amici, uomini e donne… 

Poi, arriva il responso impietoso dell’Auditel e si scopre che ogni due televisori, uno è sintonizzato proprio lì, nel luogo dove si è perpetrato il declino di un Paese, un Paese che se venisse affidato nelle mani di molti tuttologi dei social, spezzerebbe le reni anche a San Marino.

Piaccia o no, Conti è il presentatore di punta della Tv pubblica; viene ben pagato sia da noi contribuenti tramite il canone (mica tutti…) e dagli introiti degli sponsor della kermesse musicale (tanti). Negli ultimi anni si parlava della progressiva occupazione del Festival da parte dei talent-show, con la coppia Carlo-Maria, come dice Crozza, ormai la missione è compiuta.  Ci si è arrivati gradualmente, ma in modo inesorabile, prima con le vittorie di Valerio Scanu, Marco Carta ed Emma (sponda Amici), poi con quella di Mengoni (sponda X-Factor) senza parlare dei tanti concorrenti che non hanno ottenuto la vittoria. Ma tant’è, chi ha delle capacità e non riesce a passare attraverso i talent, fa come prima, si arrangia come i giocatori del Superenalotto e se è davvero in gamba magari prima o poi sfonda comunque. 

Il Festival di Sanremo 2017 inizia celebrando il cinquantesimo dalla vicenda di Luigi Tenco con un riuscito omaggio da parte di Tiziano Ferro. Da quel Festival del ’67, il fantasma del cantautore piemontese si aggira sul palco ed è uno dei due imprinting, uno triste ed uno gioioso, della rassegna sanremese (quello gioioso è l’immagine di Modugno a braccia aperte mentre canta “Volare”). Come una sorta di anatema, alla vigilia del Festival è arrivata la notizia del suicidio di un ex componente del gruppo “Ladri di Carrozzelle”, band formata da ironici componenti disabili che saranno ospiti alla serata finale, che ha gettato una luce sinistra sulla commemorazione di Tenco

Le prime due serate ci consegnano un Festival fondamentalmente noioso; da una parte, Carlo Conti non vuole mettere in ombra la De Filippi e quest’ultima, che rispetto al toscano ha dei ritmi più blandi e pacati, ha finito per rubargli la scena, il tutto a scapito della scorrevolezza degli ultimi due anni. 

I big davvero tali sono in realtà ben pochi; la Mannoia, con una delle pochissime canzoni decenti, il sofferente Al Bano, reduce da problemi cardiaci e con un brano antiquato, Ron, D’Alessio e il redivivo Zarrillo con un pezzo che in mezzo a tanto piattume spicca sugli altri. 
Altri cosiddetti big, oltre ad essere dei semisconosciuti, non hanno contribuito ad alzare il livello qualitativo, tranne rari sprazzi, ma il tutto nella mediocrità generale.
Persino le canzoni delle Nuove Proposte sono meglio di molte delle 22 considerate l’eccellenza. 

Un appuntamento fisso è quello con la parentesi comica, quest’anno affidata a Maurizio Crozza, uno che non tradisce mai le attese. Eppure, forse contagiato dall’atmosfera soporifera, neppure lui sembra in gran forma, salvo l’imitazione del Presidente Mattarella, molto fedele all’originale ed il lancio del “Fertility Night” dove ha invitato, in modo colorito, gli italiani a fare figli, sicuramente avrà più successo del recente Fertility Day istituzionale. Esaurito il filone Berlusconi perché ormai non tira più (e non è un doppio senso…), ha preso in giro in modo bipartisan i tre sbertucciabili del momento, Renzi, Salvini, la Raggi, senza affondare troppo il fendente. 

La prima serata ha visto sul palco una folta rappresentanza di quelle categorie e persone che nel nostro malandato Paese si occupano della collettività, dai Vigili del Fuoco alla Protezione Civile, Croce Rossa e via discorrendo, una passerella meritata.
Nella seconda, invece, è salito sul palco un personaggio in via d’estinzione: il dipendente pubblico ligio al dovere, tale Sig. Nicotra da Catania. Un uomo che quando ha timbrato il cartellino si è sempre messo al lavoro senza andare a fare la spesa, a giocare a squash, senza andare al bar a giocare alle macchinette. Mai un giorno di malattia in quarant’anni, mai timbrato in mutande, insomma, il dipendente-schiavo che tutti vorrebbero nella propria azienda. 

Gli ospiti stranieri, se da una parte hanno deliziato il pubblico femminile, dall’altra non hanno detto niente di nuovo, da Ricky Martin al tormentone di Robbie Williams, canzone che se fosse stata cantata da un altro avrebbe ricevuto contumelie varie. 

Il bilancio è provvisorio, staremo a vedere, intanto, tutti cantano Sanremo…

(Fabrizio Bordone)


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