TORINO- Al contrario di quello che ci insegnano i canzonieri, l'ambasciatore non è tenuto ad avere "una piuma sul cappello". Per l'Associazione Culturale del Museo Virtuale del Disco e dello Spettacolo ho fatto l’ambasciatore: ho guardato, indagato e carpito anche per chi non poteva essere lì in quel momento.
Il 14 ottobre 2016 la città di Torino ha voluto ricordare il Trio Lescano e il loro maestro Carlo Alberto Prato, apponendo una targa all'ingresso dello stabile dove hanno vissuto. Alla manifestazione sono intervenuti la vicepresidente del Consiglio comunale Serena Imbesi e i "lescanofili" Alessandro Rigacci, Virgilio Zanolla e Angelo Zaniol.
L'incontro con i grandi studiosi mi ha arricchito infinitamente: vale più di come leggere tutti i Radiocorrieri del 1939 (fatto).
Angelo Zaniol ha delineato nel suo discorso i grandi traguardi raggiunti dalla ricerca, grazie soprattutto al sito da lui fondato ( http://www.trio-lescano.it/ ). L'apertura del sito Ricordando il Trio Lescano, nel lontano 2008 ha, a mio avviso, segnato l'inizio di una nuova era della comprensione della musica degli anni trenta e quaranta. Tracciando una storia della ricerca si può osservare come, dopo ovviamente i fatti studiati, vi sia stata una rapida forma di dimenticanza che trova il suo più triste periodo tra gli anni Sessanta e Settanta. Non voglio affermare che ci sia stata una perdita totale della memoria e nemmeno che nessuno se ne sia occupato, ma è stata una conoscenza frammentaria ed elitaria: la stessa che, in una qualche misura, ha avuto la cultura medievale nei confronti di quella classica. La ricerca scientifica e sistematica è nata con il sito delle Lescano, ha unito curiosi e collezionisti ed è stato strumento di ricerca, tutela e valorizzazione. Alla base di questo "dimenticare" vi è stata l'idea che un periodo politicamente oscuro non potesse creare che cattiva arte e che quest'arte fosse il prodotto di quella ideologia.
Si accusa di essere schiavisti a chi guarda con ammirazione i Fori Imperiali? Cambia il nostro giudizio sulle piramidi egizie sapendo che a costruirle sono stati operai pagati e non schiavi? Certo che no! La grande vittoria della ricerca e di questa targa è l'aver superato proprio questo pregiudizio.
Roberto Berlini
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