Improvvisamente questa giornata è divenuta tristissima e cupa. Più cupa del cielo e dei tempi che tutti noi stiamo vivendo da troppo tempo a questa parte, direi.
E allora prima delle cose politiche, prima di tutte le altre cose di lavoro, prima di tutto, voglio ricordare una persona alla quale, pur non essendone particolarmente amico, ero molto legato.
Si chiama, anzi si chiamava Riccardo Cioni e fu uno dei miei primi colleghi di radio quando per la prima volta una grande struttura radiofonica mi permise di far diventare la mia passione un lavoro.
Qualcosa per intenderci che mi permetteva di fare unicamente quello. E di farlo peraltro a dirla tutta molto ben pagato.
Quando quella radio mi assunse lui era già un mito. E i soldi che io guadagnavo in un mese lui li prendeva nei locali italiani per una serata . “Lui” per tutti noi ragazzi degli anni settanta e ottanta era “Il Cioni”. Quello che in radio lavorava unicamente portando le sue cassette fatte nello studio sotto casa sua, ma tutti pensavano fosse in diretta. Tra il mito e la leggenda. Un po’ come il famoso “Lupo Solitario” protagonista del film “American Graffiti”.
Perchè lavorava solo registrato? Semplicemente perché mai avrebbe potuto permettersi di trovare il tempo di fare radio tutti i giorni, visto tutto ciò che di altro faceva: serate, dischi, ospitate in TV.
Eppure mai nessuno più di Riccardo marchiò quegli anni e quella importante emittente interregionale che fu Radio Quattro.
Perché Radio Quattro era la radio che si ascoltava in mezza Italia, era la radio che per prima aveva introdotto il concetto di “professionismo radiofonico” nella jungla della radiofonica privata...
Ma soprattutto Radio Quattro era la radio dove si ascoltava “il Cioni”!
E quando io, dopo anni di dilettantismo nelle varie emittenti locali, nel 1981 lasciai Spezia per “lavorare in radio”, diventai, specie qui, nella mia città per anni, non già Massimo Baldino di Radio Quattro… ma Massimo quello che lavora “col Cioni”.
E se io oggi non lo dicessi, sarei uno dei tanti sciocchi vanesi e tromboni che raccontano la loro vita immaginandone in realtà un’altra.
"Il Cioni" qui alla Spezia era quello che faceva radunare i ragazzi in Litoranea nelle giornate in cui magari il segnale di radio Quattro non arrivava abbastanza forte.
Per me, che in realtà avevo gusti musicali molto diversi da quelli di Riccardo, invece “il Cioni” era più semplicemente una testimonianza da esibire, soprattutto a me stesso, oltre che a tutti i soliti “benpensanti” che per anni, quando facevo notte nelle radio locali, mi apostrofavano con i loro rassegnati “vae a lavorae”. Come se nella vita sognare e immaginare di realizzare le proprie passioni qui alla Spezia non fosse possibile. Neppure a vent’anni.
Riccardo fu per anni anche il collega al quale io passavo la linea quando i miei direttori mi collocarono (e devo dire loro grazie) proprio prima della sua seguitissima trasmissione, che andava in onda se ben ricordo alle ore 19.
E io, da “burlone e svergognato rompicoglioni” che già allora ero, ricordo che gli mettevo in onda le cassette… ogni volta prendendolo benevolmente per il sedere... una volta chiamando un esorcista che lo liberasse dal demonio, un’altra facendolo introdurre da una sconsolata massaia di Poggio a Caiano che si disperava perché voleva Claudio Villa, o ancora da un Vigile urbano che faceva irruzione in radio chiedendo di chi fosse la Mercedes nuova fiammante che bloccava la strada proprio li davanti agli studi.
"E di chi vuole che sia ? Rispondevo io... Qui siamo tutti poveri in canna tranne uno! Sarà ovviamente quella “del Cioni”. Sempre quella del Cioni!"... col vigile sempre più rassegnato e impotente!
Lui spesso ascoltava. Rideva. Commentava… Un paio di volte ci si mise persino d’accordo per fare iniziare la sua cassettina con due frasi che si riagganciassero alla gag introduttiva…
E se io oggi non lo dicessi, sarei uno dei tanti sciocchi vanesi e tromboni che raccontano la loro vita immaginandone in realtà un’altra.
"Il Cioni" qui alla Spezia era quello che faceva radunare i ragazzi in Litoranea nelle giornate in cui magari il segnale di radio Quattro non arrivava abbastanza forte.
Per me, che in realtà avevo gusti musicali molto diversi da quelli di Riccardo, invece “il Cioni” era più semplicemente una testimonianza da esibire, soprattutto a me stesso, oltre che a tutti i soliti “benpensanti” che per anni, quando facevo notte nelle radio locali, mi apostrofavano con i loro rassegnati “vae a lavorae”. Come se nella vita sognare e immaginare di realizzare le proprie passioni qui alla Spezia non fosse possibile. Neppure a vent’anni.
Riccardo fu per anni anche il collega al quale io passavo la linea quando i miei direttori mi collocarono (e devo dire loro grazie) proprio prima della sua seguitissima trasmissione, che andava in onda se ben ricordo alle ore 19.
E io, da “burlone e svergognato rompicoglioni” che già allora ero, ricordo che gli mettevo in onda le cassette… ogni volta prendendolo benevolmente per il sedere... una volta chiamando un esorcista che lo liberasse dal demonio, un’altra facendolo introdurre da una sconsolata massaia di Poggio a Caiano che si disperava perché voleva Claudio Villa, o ancora da un Vigile urbano che faceva irruzione in radio chiedendo di chi fosse la Mercedes nuova fiammante che bloccava la strada proprio li davanti agli studi.
"E di chi vuole che sia ? Rispondevo io... Qui siamo tutti poveri in canna tranne uno! Sarà ovviamente quella “del Cioni”. Sempre quella del Cioni!"... col vigile sempre più rassegnato e impotente!
Lui spesso ascoltava. Rideva. Commentava… Un paio di volte ci si mise persino d’accordo per fare iniziare la sua cassettina con due frasi che si riagganciassero alla gag introduttiva…
Credo gli piacessero quelle mie estemporanee “smitizzazioni” del suo personaggio, perché diceva che lo facevano sentire qualcosa di unico con la radio e non qualcosa che si inseriva , come un corpo esterno.
Perché Riccardo era una persona molto intelligente. Altrimenti non sarebbe riuscito a divenire quello che è stato. Quello che tutti oggi i radiofonici ricordano, che ha attraversato le mode che (si sa) nel mondo dello spettacolo corrodono più del vetriolo.
Aveva 66 anni, Riccardo, ma lavorava ancora... anche se il Covid ce l’aveva sottratto dai locali insieme alla sua musica.
L’ultima volta ci eravamo scritti la scorsa estate, quando avevo condiviso con lui una mia trasmissione stiva realizzata per una emittente radiofonica straniera.
Poi il Covid, il ricovero, le dimissioni e l’intenzione di organizzare addirittura, passata la tempesta, un evento per ricordare tutte le vittime e ringraziare tutto il personale sanitario impegnato in prima linea contro la malattia.
Purtoppo a quell’evento, che io spero si possa , anzi credo si debba ancora fare (anche per Riccardo) lui non potrà più esserci. Mi piacerebbe dirgli ora, se magari mi ascolta: "Riccardo, mettiamo in onda una delle tue cassettine, come facevamo un tempo a Radio Quattro. Te la introduco io prendendoti in giro, ancora oggi come un tempo".
Sono certo che da lassù sorriderai. Lo sai che so essere terribile… se mi ci metto!
Ciao mio “non amico”.
Ti voglio comunque tanto bene.
Baldino.
Ciao mio “non amico”.
Ti voglio comunque tanto bene.
Baldino.
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