martedì 23 ottobre 2018

Ricordando Gianni Rodari: una recensione di "Piccoli vagabondi"



Nel giorno della nascita di Gianni Rodari, presentiamo un romanzo che è un'eccezione nella produzione dello scrittore, poeta, giornalista e pedagogista di Omegna. Si tratta di "Piccoli vagabondi", un'opera uscita nel 1981. 
"Piccoli vagabondi" è l'unico libro "realistico" di Gianni Rodari: ambientato nel secondo dopoguerra, racconta la storia di un gruppo di bambini costretti a girare l'Italia per poter aiutare le famiglie.

Francesco e Domenico (che ha perso una mano per colpa di un ordigno) e sono i maggiori di quattro fratelli. La guerra ha portato via loro il padre e la madre non riesce a mantenerli. Anna è orfana e i suoi zii non la vogliono in casa, perché è una bocca in più da sfamare. I tre diventano amici girando per le città a chiedere l'elemosina, dividendo le poche gioie e i molti dolori di una vita dura e in povertà. 
La loro è sì una storia inventata, ma allo stesso tempo plausibile nell'Italia ancora in ginocchio dell'epoca. I tre piccoli vagabondi incappano anche nell'alluvione del Polesine, mentre cercano di fuggire dal carrozzone di "Zio Vincenzo". 
I sogni sono diversi, ma la speranza è la stessa per tutti: quella di fuggire da una vita infelici. Domenico vuole una mano nuova (il padre è morto prima di farlo operare), Anna desidera una famiglia, Francesco rimane incantato dai contadini che vogliono la terra per lavorare. 

Poco conosciuto e a lungo ignorato, "Piccoli vagabondi" è un ritratto preciso e doloroso della disperazione del dopoguerra, fa riflettere, affascina e commuove. 
Consigliato a grandi e piccini, per conoscere tutte le sfaccettature di uno degli scrittori più sottovalutati del Novecento. 

(Claudia Bertanza)

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