"Sotto a chi legge" di questa settimana propone la recensione di "Fiato d'artista", libro scritto dall'attrice Paola Pitagora nel 2001.
«Avevo un maglione di angora verde». Con questo ricordo colorato di un particolare avvertimento di se stessa, quando un indumento amato è sentito come il simbolo di un rito di entrata nel mondo, si penetra nel romanzo dell'educazione alla giovinezza di un'artista, nella memoria degli anni più significativi della seconda metà del secolo. Roma 1959-1968, Piazza del Popolo, il Caffè Rosati, la scuola romana dell’avanguardia dei pittori «maledetti» (Schifano, Festa, Angeli, Ceroli, Mambor, Kounellis, Tacchi, Pascali): appena uscita dall’adolescenza Paola da attrice, prima aspirante poi sempre più affermata, incontra quella tempesta di «libera e gratuita creatività», e ad essa affianca l’altra esperienza incandescente, il mondo del teatro e del cinema, e anche della televisione e delle prime pubblicità. Fino «ai primi segni dell’esagerazione del Sessantotto». E la trama dei momenti della ricerca esistenziale e intellettuale di una generazione di artisti, rievocati mentre aspirano una nuova infinita ricchezza di senso della vita, è connessa in ogni suo quadro dalla storia d’amore tra la giovane attrice e il pittore Mambor: uno sguardo intimo, ma che aggiunge qualcosa alla dimensione corale e antisentimentale: «È che - osserva Angelo Guglielmi nella Nota che presenta Fiato d’artista - ci troviamo di fronte a una straordinaria storia d’amore in cui trasporti, ritegni, dedizioni e rifiuti, abbandoni e riprese non ripetono il tradizionale corso delle storie del genere ma imitano i movimenti incomprensibili e misteriosi dell’accadere della vita».
- martedì alle 9:30
- mercoledì alle 19:15
Nessun commento:
Posta un commento