Il 29 marzo di tre anni fa era quasi verso sera quando arrivò la notizia della morte di Enzo Jannacci. Sperammo tutti in una bufala, si rincorrevano conferme e smentite, ma la notizia era vera. Vincenzo Jannacci, cantante e cabarettista milanese di origini pugliesi, medico cardiologo, protagonista dello spettacolo italiano dagli anni Cinquanta fino agli anni 2000, aveva alla fine perso la sua battaglia contro il cancro. Aveva 77 anni.
Ironico, stralunato, con quel linguaggio apparentemente incomprensibile, fatto di parole smozzicate, biascicate, quel parlarsi addosso. Sapeva essere leggero, nel senso migliore del termine: leggero, ma non vuoto di contenuti nonostante molte canzoni demenziali.
Con lui è scomparso non solo un pezzo di storia del teatro e dello spettacolo, ma anche un po' di quell'Italia che non c'è più e che continua a vivere attraverso le sue canzoni, vecchie, ma attuali come non mai.
Straordinari i suoi duetti con l'amico Giorgio Gaber di cui, in occasione del funerale, disse "Ho perso un fratello". E ci piace immaginarli di nuovo assieme, Enzo e il signor G., duettare canticchiando "Ho visto un re... ah beh, sì beh...".
Ciao Enzo, quaggiù manchi... e tanto.
(Claudia Bertanza)
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