Il
sipario sul Festival di quest’anno
si era aperto sulle note di Starman di David Bowie, giusto
tributo al grande artista recentemente scomparso. Quello che cala, è invece un
sipario che lascia in eredità un Sanremo
che ha visto una modesta qualità delle canzoni in gara e che ha dato
l’impressione di essere strabicamente diviso tra la celebrazione del passato e
la stretta attualità.
Un banchetto pantagruelico, con lo chef Carlo Conti a dirigere le operazioni in
cucina, coadiuvato da una chef emergente, la vera vincitrice del Festival, Virginia Raffaele. Un’abbuffata di
ospiti e di celebrazioni, di premi alla carriera, di momenti toccanti e cadute
di stile.
Tra i primi, la presenza di Ezio
Bosso, una delle tante eccellenze italiane che hanno trovato maggior
fortuna fuori confine che non in Patria. Direttore delle più prestigiose
Orchestre internazionali, ha dato una lezione di grinta ed energia con la sua
straripante voglia di vivere, non intaccata da una malattia di quelle che
progrediscono in maniera inesorabile.
Tra i secondi, il pasticcio della
votazione rifatta che oltretutto ha permesso di vincere alla canzone Amen per le nuove proposte.
Ma nel
gigantesco barbecue di Sanremo, la
carne al fuoco è stata tanta. Passerà alla storia come il Festival più schierato di sempre, in questo caso, pro unioni
civili, sostegno alla causa manifestato da tanti concorrenti con i nastri
arcobaleno. Ma anche la presenza del grande Elton John andava in questo senso oltre alle dichiarazioni
esplicite di Ramazzotti. Un altro
argomento di attualità, le tragedie del mare con i disperati che perdono la
vita nella traversata, argomento trattato con inaspettata profondità da un Nino Frassica commovente e dalla
ripescata (ironia della sorte…) Irene
Fornaciari con il suo brano. Si parlava di premi alla carriera a partire
dai 25 anni del trio Aldo, Giovanni e
Giacomo, una delle delusioni del Festival, perché per l’occasione ci si
aspettava uno sketch non visto e rivisto.
E che dire di Patty Pravo? Ora che ha celebrato i 50 anni di una carriera
sfolgorante, forse sarebbe il momento di farle notare che non è più in
condizione di cantare dal vivo ed è un peccato visto il brano di classe
presentato.
Altro momento imbarazzante, il buon Roby Facchinetti, anch’egli in debito d’ossigeno, surclassato al
canto da un Dodi Battaglia in gran spolvero per la
cosiddetta reunion finale dei Pooh.
Cosiddetta, perché con il figliol prodigo Riccardo
Fogli, il quintetto andrà avanti imperterrito per almeno tutto quest’anno,
anno tra l’altro bisestile…
Nel grande cast di comici che ha visto un Brignano sottotono e il duo Panariello-Pieraccioni sotto di due, ha
trionfato la grande sorpresa del Festival, Virginia
Raffaele. L’imitazione di Carla
Fracci è stato forse il momento più esilarante della kermesse, da sola
valeva il biglietto, senza però dimenticare le parodie di Donatella Versace, della Ferilli
e di Belen. L’assistente di Conti è stata la vera rivelazione e ne
esce a pieni voti.
Lo stesso non si può dire degli altri due “aiutanti”; se da una parte Garko e la Ghenea hanno appagato gli occhi maschili, femminili e misti, per il
resto, la loro presenza ha avuto la stessa espressività e vivacità del famoso Esercito Cinese di Terracotta.
Dopo aver
appreso che Cristina D’Avena si
esibisce da anni in pubblico e che Renato
Zero se ne sta volentieri in casa, ci si chiede chi abbia vestito in quel
modo Arisa e la brava Francesca Michielin in tenuta da Amish
la prima sera.
Una considerazione seria sul pubblico dell’Ariston va fatta. Non è più una platea di snob impellicciati che
assistono schifati allo spettacolo ma un pubblico partecipe, che si scalda e
che non lesina standing-ovations quando necessario. Cosi’ è stato per l’algida Nicole Kidman, per il succitato Bosso, per i Pooh, la Pausini, Elton John e Ramazzotti. Lo stesso pubblico, è stato trascinato dalla verve del
rapper Rocco Hunt che, con Clementino, ha certificato che in
Italia, il genere rap ha preso la strada di una connotazione melodica ben
lontana dai rabbiosi ghetti newyorchesi. Tra le canzoni più interessanti, vale
la pena citare quella di Ruggeri, il
brano di Noemi soprattutto per il
testo, il solista Bernabei che senza
i Dear Jack rende al meglio, la
delicata Michielin, seconda
classificata e i soliti geniali Elio e
le Storie Tese. Questi ultimi, hanno portato un brano composto da sette
ritornelli diversi tutti in sequenza, Vincere
l’Odio, titolo che fa il verso a Perdere
l’Amore di Ranieri. La vittoria
finale, meritata, è andata agli Stadio con
una canzone dal testo profondo, Un
Giorno Mi Dirai. Questo longevo gruppo, che tanto ha vissuto di luce
riflessa con grandi collaborazioni, Lucio
Dalla in primis, vede premiata una carriera onesta e professionale. Il loro
brano parla del rapporto padre-figlia e, sollecitato da una giornalista che
intravvedeva uno spot pro famiglia tradizionale, Gaetano Curreri, voce e leader, ha risposto: “Una figlia è una figlia, quello che conta è dare amore”.
Ecco,
appunto.
(Fabrizio Bordone, articolo originale su www.laspeziaoggi.it)
Nessun commento:
Posta un commento